Gaza, una striscia di terra martoriata e stretta, sembra essere stata condannata a un futuro di disperazione.
L’esodo palestinese del 1948, durante tale conflitto, più di 700.000 arabi palestinesi abbandonarono città e villaggi o ne furono espulsi, e, successivamente, si videro rifiutare ogni loro diritto al ritorno nelle proprie terre, sia durante sia al termine del conflitto.
di Pasquale Ferrara
Se la sua popolazione ha già sopportato decenni di privazioni, assedi e conflitti, le recenti notizie suggeriscono che il suo destino è tutt’altro che una ricostruzione e un ritorno alla normalità. Piuttosto, le nuove iniziative geopolitiche e economiche sembrano ignorare completamente il benessere dei palestinesi che vi risiedono.
Un presunto documento trapelato, che illustra un progetto congiunto tra Israele e gli Stati Uniti, getta un’ombra ancora più scura su questo scenario già tragico. L’idea di trasformare la Striscia di Gaza in una sorta di “zona economica speciale“, con lo scopo di farne un’area di sviluppo turistico, ha suscitato incredulità e forte indignazione. In un’area che necessita urgentemente di scuole, ospedali e infrastrutture di base, la proposta di costruire un resort di lusso per ricchi investitori internazionali sembra una provocazione senza precedenti.
Un futuro di dislocamento e disuguaglianza
Questo progetto, se confermato, non solo dimostra una totale insensibilità nei confronti della sofferenza del popolo di Gaza, ma prefigura anche un futuro in cui la dislocazione e la disuguaglianza sociale diventerebbero la norma. Invece di investire nel capitale umano e nelle infrastrutture pubbliche, l’enfasi sembra essere posta sull’estrazione di profitto da un territorio che ha subito immense perdite.
La proposta di costruire un resort immobiliare di lusso e di riqualificare l’area in senso turistico rischia di accelerare l’esodo di migliaia di residenti, trasformando Gaza da casa di una popolazione martoriata a un’esclusiva enclave per pochi privilegiati. Questo modello di sviluppo, basato sull’espropriazione e sulla gentrificazione, non solo priverebbe i palestinesi del loro diritto alla terra, ma li condannerebbe anche a un futuro di marginalità, senza possibilità di partecipazione alla ricostruzione del loro stesso territorio.
La responsabilità della comunità internazionale
La comunità internazionale, che ha spesso promesso sostegno e solidarietà al popolo palestinese, deve ora affrontare una dura realtà. Le dichiarazioni di intenti, se non accompagnate da azioni concrete, rimangono parole vuote di fronte a progetti che minacciano di cancellare la storia e l’identità di un popolo intero. Il silenzio di fronte a un’iniziativa così sconcertante sarebbe interpretato come una tacita approvazione e un ulteriore tradimento.
Le potenze mondiali e le organizzazioni internazionali devono intervenire con fermezza, non solo per condannare una tale visione, ma anche per proporre e sostenere un piano di ricostruzione alternativo e sostenibile, basato sulle esigenze e sulla dignità del popolo di Gaza. Altrimenti, l’amara realtà è che Gaza rimarrà un simbolo di speranze tradite, un luogo dove la promessa di pace e prosperità è stata sostituita da un futuro di miseria e dislocazione. La Striscia, e con essa il popolo che la abita, merita un futuro che non sia semplicemente una fonte di profitto, ma una casa in cui poter vivere e prosperare.
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Redazione Costa Paradiso News
21 SETTEMBRE 2025 alle 15:034
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