Le grandi pandemie, la peste nera

by • 2 aprile 2020 • Covid-19, In evidenza, SALUTECommenti disabilitati su Le grandi pandemie, la peste nera2525

Dal 1346 al 1353 e poi a ondate successive che seguono le invasioni dell’Orda d’Oro tartaro-mongola, lungo la via della Seta arriva la Peste Nera, sempre portata dalle pulci dei ratti.

All’assedio di Caffa mongoli e cristiani si lanciano a vicenda i cadaveri degli appestati. La piaga colpisce popolazioni europee già defedate dalle carestie iniziate nel 1315 dopo una serie di alluvioni.

Vittime mai calcolate con precisione, dai 25 ai 100 milioni. Cambia il mondo agricolo del Medioevo, alcuni storici scrivono di «fine dell’antichità«. «Se devo morire fra poco, perché andare nei campi?» è il ragionamento che spinge molti agricoltori ad abbandonare le terre, che presto diventano deserti. Ma chi sopravvive, immunizzato e trasferito nelle città, vivrà meglio: diventerà manodopera ricercata e più pagata di prima, mentre la scarsità di braccia fa crescere ovunque l’innovazione tecnico-meccanica, come la stampa e le armi da fuoco.
Con meno soldati in campo, ai re e signori occorrono più armi.

La Peste Nera porta anche i pogrom antisemiti, i peggiori fino ai tempi della Shoa, con gli ebrei accusati come untori. Nel 1348 una bolla di papa Clemente VII vieta di «ascrivere agli ebrei delitti immaginari». Ma la piaga colpisce anche il prestigio della Chiesa: quella «vita e salute» chiesta nelle sue preghiere e processioni, non arriva. E si prepara indirettamente il clima morale e ideologico per l’avvento della Riforma (1517: Lutero affigge le sue tesi a Worms).

La Peste nera ha avuto anche riflessi sull’arte e letteratura e l’arte: il Decamerone, il blocco della costruzione del Duomo di Siena, la diffusione delle «danze macabre» nella pittura medievale, influenzò la pittura fiamminga con le ossessioni nei quadri di Bosch, «Il trionfo della morte» di Peter Brueghel il Vecchio. E poi il capolavoro cinematografico di Bergman: «il settimo sigillo».

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