Il Caucaso russo in ginocchio

by • 4 novembre 2022 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Il Caucaso russo in ginocchio256

Tutta l’economia russa sta subendo in misura sempre più massiccia le conseguenze della guerra in Ucraina, ma a soffrire maggiormente tra le regioni della Federazione sono quelle del Caucaso settentrionale. Il blocco quasi totale delle importazioni, il rallentamento delle attività lavorative in ogni campo, la netta diminuzione delle spese dei cittadini e della produzione locale, l’emigrazione di massa dei rappresentanti della classe media e la morte al fronte di migliaia di uomini in età lavorativa: sono soltanto alcuni dei fattori che stanno mettendo in ginocchio tutto il sistema di vita dei russi e dei caucasici.

Se nella Russia in generale il crollo economico non ha intaccato ancora del tutto il tenore medio di vita dei cittadini, nelle repubbliche caucasiche della Cecenia, Inguscezia, Daghestan, Calmucchia, Ossezia del nord, Kabardino-Balkaria e Russia meridionale, la zona definita “Ciscaucasia”, le conseguenze si fanno già sentire in modo più acuto. Tra gennaio e agosto solo nel Daghestan le imprese hanno perso quasi il 90% del fatturato. Nella regione di Stavropol il commercio all’ingrosso è sceso di oltre il 91% (del 30% quello al dettaglio); in Ossezia è calato del 72%.

In tutta la regione sono aumentati spaventosamente i prezzi dei prodotti (tra il 15 e il 40%) e l’inflazione galoppante ha consumato i redditi della popolazione, come confermano i dati statistici dell’istituto Rosstat. Le repubbliche caucasiche dipendono molto dai trasferimenti economici dal centro della Russia, come ricorda la professoressa Natalia Zubarevič, specialista di economia all’università Mgu di Mosca: “I finanziamenti governativi sono aumentati in tutte le regioni, in maniera diversificata, senza poter colmare i buchi creati dal contesto bellico, e la mobilitazione delle ultime settimane avrà conseguenze sempre più catastrofiche per le entrate delle amministrazioni locali, e in generale delle famiglie”.

Un altro dato preoccupante è la crescita del debito pubblico, che mediamente nei soggetti federali russi è intorno al 5%, mentre in Ciscaucasia supera il 20%. Lo Stato centrale sarà sempre meno in grado di assistere le regioni, soprattutto con il progressivo embargo occidentale sul gas e il petrolio, che è anche un “auto-embargo”, come osserva il politologo Sergej Žavoronkov della fondazione “Missione liberale”, secondo il quale “i mezzi per mantenere un livello sufficiente di benessere collettivo basteranno al massimo per un anno”.

Come fanno notare molti esperti, le sanzioni energetiche per ora non si fanno molto sentire a causa degli alti prezzi della risorse, ma questo fattore è destinato a cambiare in fretta nei prossimi mesi, e da dicembre la Russia potrà vendere solo ai partner asiatici e dei Paesi meno abbienti, a prezzi molto più bassi degli attuali, e anche di quelli precedenti. Gli effetti economici della mobilitazione sono difficilmente quantificabili al momento, ma le statistiche cominceranno presto a calcolarli. Forse soltanto le entrate dai lavori agricoli potranno crescere, grazie ai prezzi alti degli alimentari e all’aumento della domanda per il calo delle importazioni.

Mosca sarà costretta a mantenere i finanziamenti alle regioni caucasiche, dovendo comprare la loro lealtà ed evitare i sentimenti separatisti sempre più diffusi, e non sarà facile se gli sviluppi della guerra si faranno ancora più drammatici, con l’eventuale uso di armi atomiche e la condanna internazionale della Russia come Paese terrorista, a causa delle stragi e delle distruzioni delle centrali energetiche, per lasciare gli ucraini al freddo e al gelo.

Il presidente ceceno Kadyrov, che più di tutti sostiene e alimenta la guerra in Ucraina, proprio per questo ricatta il centro moscovita in maniera sempre più sfacciata, mostrando a tutti i governatori regionali la via per difendere la propria economia a scapito di quella federale, creando quindi le premesse per un crollo ancora più sistematico.

Un eventuale aumento delle tasse, unica via per alimentare il bilancio, provocherebbe una reazione negativa anche negli strati della popolazione che più sostengono la politica statale, e la Russia potrebbe implodere economicamente, finendo per fare la guerra a sé stessa, più che ai nemici esterni.

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