Le coperture incerte dei conti pubblici italiani

by • 16 ottobre 2023 • ECONOMIA, In evidenzaCommenti disabilitati su Le coperture incerte dei conti pubblici italiani329

Per il momento si ipotizza una manovra 2024 da 24-25 miliardi. Per impostarla l’unica certezza riguarda i 15,7 miliardi di maggior deficit indicati nella Nota d’aggiornamento. Restano pertanto da trovare altri 10 miliardi circa. Un paio di miliardi sono attesi dalla revisione della spesa (la spending review) nei vari ministeri, ma si tratta sempre di un risparmio che presenta dei margini aleatori. Uno o due miliardi a testa sono attesi poi dalla nuova tassa sui profitti delle banche per il caro-tassi, appena rivista dal governo, e dalla Global minimum tax, ovvero la nuova imposta minima (con aliquota effettiva del 15%) sui “giganti” societari, multinazionali e nazionali, con almeno 750 milioni di fatturato consolidato, ma essendo delle novità si tratta di incassi tutti da dimostrare nella realtà. Così come è un’incognita quanto si riuscirà a ottenere dal concordato preventivo biennale, l’accordo con le partite Iva sulle tasse da pagare in base a una stima del loro fatturato, che dovrebbe prendere il via nel 2024 all’interno della riforma fiscale. Altrettanto dubbio è il miliardo circa atteso da una prima revisione delle tante agevolazioni fiscali oggi presenti. Va inoltre tenuto conto che per garantire il calo del debito dal 2026 Giorgetti ha annunciato possibili privatizzazioni per un punto di Pil, circa 20 miliardi. Va però tenuto conto che, con una discesa sotto il 20%, molte società sarebbero contendibili.

La sanità fra tagli e rilancio
Altro fronte che complica la composizione della manovra è la sanità. La spesa per questa voce scende rispetto al Pil: i dati delle tabelle tecniche della Nadef mostrano un calo dell’incidenza, con un passaggio in 5 anni, tra il 2020 e il 2025, dal 7,4% al 6,2%. In valori numerici, a legislazione vigente è prevista una flessione dei fondi per il Ssn da 134,7 miliardi nel 2023 (6,6%) a 132,9 nel 2024 (6,2%). Anche nel medio periodo il quadro non varia molto. Con un orizzonte al 2036 (e presupponendo una crescita media annua del Pil di circa l’1%), per la sanità il segno positivo si ferma a 0,4 punti in più, mentre per l’istruzione invece c’è addirittura un calo dello 0,3%. Quanto basta alle opposizioni per parlare di «gravissimi tagli».
Eppure Giorgia Meloni ha indicato la sanità come una delle «grandi priorità» della manovra. L’obiettivo dichiarato è «abbassare i tempi delle liste d’attesa». Alla luce della Nadef, sono in arrivo meno dei «3-4 miliardi in più» che prima dell’estate il ministro della Salute, Orazio Schillaci, definiva come «necessari» per risolvere i problemi. Al servizio sanitario nazionale potrebbero esserne destinati un paio nella manovra che, preannuncia la Nadef, “prevederà stanziamenti, per il triennio 2024- 2026, da destinare al personale del sistema sanitario e per incentivare gli investimenti nel Mezzogiorno”. E dei 31 provvedimenti collegati alla Nadef, uno riguarda la riorganizzazione e potenziamento dell’assistenza territoriale e ospedaliera e uno è la delega di riordino delle professioni sanitarie.

Previdenza e Pa
I 15,7 miliardi del maggior deficit 2024 sono già praticamente blindati per il taglio del cuneo fiscale, un primo assaggio della nuova Irpef e il pacchetto di misure per le famiglie. Quello che si riuscirà a fare in più dipende da quanto si riuscirà ad allargare la coperta, ma i margini appaiono davvero limitati.
Sempre “caldo” è il fronte delle pensioni. Dalla Nadef emerge che sono una fetta notevole della spesa pubblica: da qui al 2036 la spesa pensionistica è stimata in aumento di 1,9 punti (al 17,3% del Pil) rispetto al 2024. Ora si attende il riconoscimento dello 0,8% di conguaglio per allineare all’inflazione effettiva gli assegni già in questo scorcio finale di 2023, con un decreto da 3,2 miliardi di euro atteso in Cdm dopo il 12 ottobre. Non si esclude poi l’ipotesi di una revisione – forse un’ulteriore stretta – del meccanismo di adeguamento (in misura piena attivo ora solo per quelle più basse) introdotto con la scorsa manovra, previsto in vigore per 2 anni.
Il decreto interverrà anche sulla Pubblica amministrazione, che attende risorse per completare i rinnovi contrattuali relativi al 2019-2021 (mancano solo i dirigenti degli enti locali) e per avviare la nuova tornata contrattuale 2022-2024, oltre alla proroga dell’una tantum da 1 miliardo concessa nel 2022. Perde invece quota la possibilità che la detassazione delle 13esime possa scattare già quest’anno: l’ipotesi non sarebbe ancora stata accantonata del tutto, ma è una misura molto costosa e appare molto in bilico.

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