L’Ucrainia spiegata facile e bene

by • 10 aprile 2022 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su L’Ucrainia spiegata facile e bene360

Tra il 1917 ed il 1922, dopo la Prima guerra mondiale e dunque negli anni della rivoluzione bolscevica, l’Ucraina fu tra i fondatori dell’Unione Sovietica.
Lenin aveva un progetto politico multinazionale che sosteneva l’adesione volontaria dei popoli, cosa che favorì e attrasse le ambizioni di una cerchia intellettuale di irredentisti che progettava da decenni l’indipendenza e che approfittarono, in quegli anni, della caduta degli imperi.

Nel cuore dell’Europa centro-orientale
l’Ucraina ha da poco compiuto 30 anni di vita. Nel corso del 1991, con lo sfaldamento dell’Unione sovietica che si sarebbe completato il 26 dicembre, le ex Repubbliche sovietiche si dichiararono indipendenti alla spicciolata. La Repubblica socialista sovietica di Ucraina fece lo stesso dopo aver incassato parere favorevole a larghissima maggioranza attraverso un referendum popolare.
Con i suoi oltre 600mila chilometri quadrati di superficie complessiva l’Ucraina è tra gli stati europei seconda per dimensioni solo alla Russia. La superficie complessiva del paese è dunque doppia rispetto a quella dell’Italia. I suoi confini attuali sono il prodotto di secoli di storia, guerre, adattamenti e trattative tra potenze, come in fondo fu anche l’Italia nel XIX secolo. La disfatta dell’Impero austro-ungarico e la caduta dell’Impero russo per mano della rivoluzione aprì il campo ad una radicale trasformazione dei confini.

Le grandi manifestazioni ucraine nel 2013 e 2014
Sono passate alla storia come Euromaidan (“piazza-Europa”), poiché furono tre mesi di manifestazioni, fattesi sempre più violente, iniziate il 21 novembre, all’indomani della decisione del presidente Yanukovich di sospendere le trattative per la conclusione di un accordo di associazione con l’UE. Finirono solo a febbraio, con la fuga verso la Russia e la messa in stato di accusa del presidente. Rivoluzione per i sostenitori, colpo di stato per la Russia e gli oppositori.
Viktor Yanukovich, che oggi vive in esilio in Russia, è una figura centrale della crisi del 2014: in precedenza era stato governatore dell’oblast di Donetsk, regione dove era nato nel 1950 in una terra devastata dalla guerra in una famiglia estremamente povera. Adolescente finì per due volte in carcere per furto e vandalismo, poi si fece però strada nella nomenclatura dello stato diventando un funzionario del settore dei trasporti. L’accusa più grave nei suoi confronti è quella di avere ordinato alle Berkut (ex unità della polizia antisommossa ucraina) di aprire il fuoco contro i manifestanti per soffocare nel sangue la protesta. Questi eventi sono oggetto del documentario “Winter of Fire”, disponibile su Netflix.

Cosa è successo in Crimea nel 2014?
La Crimea era nel 2014 una Repubblica autonoma (a forte maggioranza russa) all’interno dell’Ucraina. Una situazione che si era creata negli anni ’50, quando fu deciso di spostare il controllo amministrativo della penisola dalla Russia all’Ucraina stessa. All’interno dell’Unione Sovietica, questa scelta venne giustificata in termini di efficienza amministrativa. La penisola era separata dalla Russia dallo Stretto di Kerch (oggi c’è il grande Ponte di Crimea), mentre è legata al territorio ucraino attraverso l’istmo di Perekop, dove peraltro passano acquedotti e linee elettriche.

La proclamazione di indipendenza
Tornando al 2014, mentre a Kiev montava la protesta filoccidentale di Euromaidan, il parlamento locale di Sinferopoli votò per la proclamazione dell’indipendenza. Il 18 marzo dello stesso anno, a seguito di un referendum, le autorità locali hanno firmato l’adesione alla Federazione Russa.

Cosa è successo nel Donbass nel 2014?
L’uscita della Crimea dalla sfera di controllo ucraina suggellata dall’occupazione militare delle truppe di Mosca alimentò e ispirò il fronte separatista nella regione del Donbass, dove ci furono manifestazioni nei capoluoghi distrettuali di Donetsk e Lugansk. Il 6 aprile successivo alcuni manifestanti filorussi armati si impadronirono di alcuni palazzi governativi nelle capitali regionali di Donetsk e Lugansk. Tacciate di terrorismo dal governo centrale (Kiev) e spalleggiate da Mosca, quelle manifestazioni hanno costituito il nucleo del movimento separatista sfociato nella proclamazione della DNR (Repubblica popolare di Donetsk) e della LNR (Repubblica popolare di Lugansk), entità che stanno alla base dell’attuale guerra.

Com’è iniziata la guerra di invasione dell’Ucraina?
Le forze russe hanno invaso il territorio dell’Ucraina nelle prime ore del 24 febbraio 2022, dopo settimane di minaccioso potenziamento militare. La giustificazione ideologica dell’operazione militare che ha visto l’attacco dispiegarsi da nord (via Bielorussia), da est (via Donbass separatista e Russia) e da sud (via Crimea e mar Nero), è stata fornita dallo stesso presidente Vladimir Putin in un discorso alla nazione il 21 febbraio.

In quell’occasione il presidente della Federazione russa ha annunciato il riconoscimento della DNR (Repubblica popolare di Donetsk) e della LNR (Repubblica popolare di Lugansk). Nella fase preparatoria dell’invasione il presidente russo si è avvalso del completo sostegno della Bielorussia di Lukashenko. Lungo la frontiera tra Bielorussia e Ucraina, che si sviluppa per oltre 500 chilometri, si è progressivamente dispiegata la forza di invasione di Mosca che si è poi fatta strada verso la capitale Kiev.

I movimenti della truppe russe al confine
Da ottobre la Russia ha dispiegato una grossa forza militare lungo i confini dell’Ucraina, con 190mila soldati (Fonte: Intelligence Usa per il New York Times)

Putin ha accusato il governo di Kiev di essere una “cricca nazista”. Ci sono davvero i nazisti in Ucraina?
La motivazione data dal Cremlino per giustificare l’invasione, cioè quella della «denazificazione», non ha alcuna consistenza. Richiama senza dubbio la complicata storia di una regione che, prima e nel corso della Seconda guerra mondiale, ha visto alcuni leader nazionalisti ucraini stringere accordi con la Germania nazista in chiave anti-bolscevica. D’altra parte lo stesso Stalin aveva stretto accordi di spartizione con Hitler ai danni della Polonia e della stessa Ucraina.

La spietata campagna antisemita che investì la Polonia, l’Ucraina occidentale e i territori sovietici occupati trasformando per sempre il tessuto sociale di quelle terre, non può essere associata alla cultura politica ucraina, che attraversava in quegli anni tutti gli schieramenti in lotta tra loro.

Spesso viene citato il battaglione Azov come prova della natura “estremista” della dirigenza ucraina. Il battaglione, effettivamente imbottito di veterani e di idee estremiste, conta circa 3000 persone. Il partito estremista Svoboda di Oleh Tjahnybok conta 15mila iscritti (e ha conquistato 1 seggio – uno – alle elezioni), in uno Stato da 42 milioni di abitanti. Il partito del presidente, l’ebreo Volodimir Zelensky, ha preso il 73% dei voti ed ha 241 seggi alla Rada.

Si parla molto di ingresso nell’Unione europea di Kiev. Ma l’Ucraina non fa già parte dell’Europa?
No, l’Ucraina è un paese “associato” all’Unione europea, grazie ad un accordo entrato in vigore nel 2017, che ha tra l’altro portato alla liberalizzazione dei visti Schengen per tutti i cittadini dotati di passaporto biometrico.

Le parti in quell’occasione si sono impegnate a cooperare e a far convergere la politica economica, la legislazione e la regolamentazione in un’ampia gamma di settori, tra cui la parità dei diritti dei lavoratori, la libera circolazione delle persone, lo scambio delle informazioni e formazione del personale nel settore della giustizia.

Volodimir Zelensky era veramente un attore? Com’è diventato presidente?
Laureato in Giurisprudenza, attore, sceneggiatore e comico. E dal 20 maggio del 2019 presidente dell’Ucraina. Nato e cresciuto a Krijv Rih in una famiglia di origine ebraica e di madrelingua russa, Zelensky ha fondato la casa di produzione Kvartal 95, che ha prodotto diversi film, cartoni animati e serie tv, tra cui Servitore del Popolo, in cui lo stesso Zelensky ha interpretato un professore del liceo che viene inaspettatamente eletto presidente dell’Ucraina.

Le centrali nucleari dell’Ucraina sono diventati bersagli di questa guerra?
Nel corso del primo mese di guerra la Russia ha assunto il controllo di due centrali nucleari ucraine. La prima è Chernobyl, diventata tristemente famosa per il disastro del 26 aprile 1986, che dista solo una manciata di chilometri dal confine bielorusso da dove alcuni attacchi sono partiti.

La seconda, quella di Energom-Zaporija è addirittura il più grande impianto operativo nel paese. Entrambe le centrali sono state costruite sul fiume Dnipro dove, nel secondo caso, è anche presente uno dei più grossi impianti per la produzione di energia idroelettrica del paese.

Russo e ucraino sono la stessa lingua?
No, ma fanno parte del gruppo orientale della famiglia linguistica slava. Gruppo che comprende anche il bielorusso, oltre all’ucraino e al russo. Kiev prima e Mosca (e Pietroburgo) poi sono state nei secoli le capitali culturali di riferimento per la cultura slava orientale. Uno scivolamento ad est che ha condizionato le scelte linguistiche delle élite. Molti territori dell’Ucraina occidentale furono viceversa assorbiti già nel XVI secolo nel Commonwealth polacco-lituano, finendo dunque per assorbire quantità significative di polacco.

L’ucraino, già ruteno o “piccolo-russo”, è stato di volta in volta dialetto e lingua di rivendicazione, identitaria e politica. Il grande poeta nazionale Taras Shevchenko nel XIX secolo rivendica non solo la dignità linguistica, ma anche la creazione di repubbliche slave democratiche. Sono gli anni delle società segrete di ispirazione mazziniana, che una volta scoperte costano anche al poeta anni di arruolamento forzato nelle remote province dell’Impero russo.

In quella fase è indispensabile distinguere tra le lingue delle élite (polacco ma anche tedesco nell’ovest, russo nell’est) e quelle invece usate dalla gente che andavano dal ruteno/ucraino, all’yiddish della grande comunità ebraica, all’ungherese e al rumeno. Nell’est del paese il russo comune è storicamente dominante. Ma dal 2019 l’ucraino è l’unica lingua di stato per l’uso nella pubblica amministrazione. Sappiate comunque che parlare russo in Ucraina è assolutamente normale, e – se lo usate – nessuno fingerà di non capire.

Quali sono le città più belle dell’Ucraina?
Kiev, Leopoli, Odessa sono tradizionalmente mete di grande attrazione per la loro architettura e per l’offerta museale.

Kiev la capitale fondata nel V secolo domina il fiume Dnipro che nei giorni d’estate si trasforma in una popolare grande spiaggia. La Cattedrale di Santa Sofia, il Museo dei Tesori e il Monastero delle Grotte sono straordinarie finestre sul mondo slavo antico.

Leopoli, ad ovest, regala echi di mitteleuropa austriaca, caffè all’aperto, preziose pinacoteche, oltre alle tracce rimaste della grande tradizione ebraico orientale.

Odessa barocca con i suoi boulevard rivolti al mare è da sempre cultura e spiagge.

Le città dell’Ucraina si somigliano, dal punto di vista culturale e architettonico?
No, sono diverse quanto diversa è la storia che ciascuna parte del paese ha avuto prima e nel corso degli ultimi decenni. Kharkiv, per esempio, che è “l’altra capitale” del paese e la seconda città per abitanti, nacque come forte cosacco in funzione anti tartara.
Nella seconda guerra mondiale distrutta dalle forze dell’Asse. Ricostruita nel segno dell’ortodossia architettonica sovietica, oggi il suo edificio simbolo è il Deržprom (lett.edificio dell’industria di stato) considerato uno dei simboli del costruttivismo.

Il grande Dnipro che vediamo attraversare la capitale Kiev viene chiamato “la spina dorsale del paese”. Perché questo fiume è così importante?
L’inno nazionale lo definisce il “vecchio Dnipro”, vecchio nel senso famigliare ed affettuoso di un fiume che è da secoli la grande arteria economica e culturale della regione. In oltre duemila chilometri nasce in Russia, attraversa la Bielorussia, raggiunge l’Ucraina a Chernobyl e bagna la capitale (che nei secoli cresce come porto fluviale) lungo la via commerciale dal Mar Baltico al Mar Nero. Ed è lungo quella rotta che nel 860d.C. genti di Kiev arrivano ad assediare Costantinopoli. Ma è anche il fiume che attraversa le terre dei cosacchi, apparsi nel XVI nell’area di Zaporizhya (“oltre le rapide”), ai confini dell’Europa.


Chi sono i cosacchi?
I cosacchi sono una parte integrante dell’epos nazionale ucraino, ma non sono un gruppo etnico specifico e nemmeno un’esclusiva di questo paese. Oltre la frontiera orientale dell’Ucraina con la Russia, per esempio, i cosacchi del Don sono una parte integrante della storia nazionale di quel paese, tanto da essere i protagonisti del grande romanzo premio Nobel “il Placido Don”. Comunità cosacche autonome ci sono anche in Siberia.

Nel contesto ucraino il riferimento è soprattutto ai cosiddetti Cosacchi Zaporoghi, traduzione italiana di un suono che oggi richiama la città ucraina di Zaporizhya e che, dal punto di vista etimologico, si scompone in “Za-porizhya”, letteramente “oltre le rapide”. I cosacchi di cui parliamo e che vengono spesso citati nella storia nazionale ucraina ( e dunque nell’inno nazionale) sono proprio queste comunità, popoli della steppa originariamente nomadi che dal XVI hanno costruito un’identità propria intorno alle rapide del basso corso del fiume Dnipro, il fiume che ha cresciuto gran parte delle città ucraine.

Questi cosacchi si sono dunque progressivamente nelle steppe “libere”, tra gli allora regni di Polonia ed il Khanato di Crimea. Banditi, ribelli, mercenari, patrioti a seconda dei momenti e delle descrizioni assumono un ruolo politico nel XVII secolo quando l’atamano (comandante) cosacco Petro Doroshenko diventa ago della bilancia nella guerra che oppone la Confederazione polacco-lituana, la Moscovia e il sultano ottomano Maometto IV di cui l’atamano diventa vassallo.

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