Xi prepara il campo al suo 3° mandato

by • 18 febbraio 2022 • ESTERI, In evidenzaCommenti disabilitati su Xi prepara il campo al suo 3° mandato265

Xi Jinping ha preso di mira un’altra figura legata a un suo avversario politico. Il prossimo autunno si terrà il 20° congresso del Partito comunista cinese (Pcc) e il presidente cinese sembra impegnato a liberare il campo da ogni ostacolo al suo terzo mandato da leader supremo. La modifica della Costituzione nel 2018 ha cancellato il limite dei due mandati, permettendogli di continuare a servire come presidente e segretario generale del Partito.

Il 23 gennaio la Commissione disciplinare centrale, l’organo anti-corruzione grazie al quale Xi ha cementato il proprio potere, ha incriminato per corruzione Xu Ming, ex vice direttore dell’Amministrazione nazionale alimentare. Il Partito ha già espulso Xu, che aveva lasciato l’incarico nel 2018. Egli era un protetto di Bo Xilai, ex ministro del Commercio e capo del Pcc di Chongqing.

Nel 2012, a pochi mesi dalla prima nomina di Xi alla guida del Paese, le autorità avevano rimosso Bo, per poi condannarlo all’ergastolo nel 2013 per corruzione ed errori politici. All’epoca Bo era una stella in ascesa del Partito, e un possibile concorrente di Xi. Per i suoi detrattori, Bo stava organizzando un vero e proprio colpo di Stato.

Secondo il noto sinologo Willy Lam, Xi non avrebbe il pieno controllo dell’apparato politico-legale del regime. Lo dimostrerebbero le continue sostituzioni di alti ufficiali al ministero della Pubblica sicurezza. Dopo l’arresto nel 2018 del vice ministro – e capo dell’Interpol – Meng Hongwei, nell’aprile 2020 è arrivato il fermo di Sun Lijun, inviato pochi mesi prima a Wuhan per coordinare la risposta alla prima ondata della pandemia da Covid-19. Oltre che per crimini economici, Sun è accusato anche di aver messo in piedi una cospirazione contro Xi.

L’arresto più eccellente si è avuto però a ottobre e ha riguardato un altro ex vice ministro per la Pubblica sicurezza: Fu Zhenghua. Egli era considerato uno stretto collaboratore di Xi, avendo avuto un ruolo fondamentale nel far cadere Zhou Yongkang, un altro acerrimo nemico di Xi nel Partito. Ex membro del Comitato permanente del Politburo e “zar” della sicurezza interna, Zhou è stato condannato all’ergastolo nel 2015 per corruzione, abuso di potere e rivelazione di segreti di Stato. Il prossimo bersaglio, sostiene Lam, potrebbe essere l’attuale ministro della Pubblica sicurezza Zhao Kezhi, legato a Sun e Fu.

Analisti osservano che i rigurgiti maoisti di Xi avrebbero provocato divisioni all’interno del Pcc. L’ala più “liberista” del Partito spingerebbe per mantenere il sistema di liberalizzazioni economiche lanciato da Deng Xiaoping alla fine degli anni Settanta e rafforzato a partire dal 1992. Colpisce che in un articolo pubblicato il 9 dicembre dal Quotidiano del popolo, si esaltino le riforme di Deng, Jiang Zemin e Hu Jintao come necessari correttivi agli eccessi della Rivoluzione culturale di Mao. Tutto ciò senza nemmeno nominare Xi.

Un’altra crepa si avverte nel campo della sicurezza nazionale. In un recente articolo Jia Qingguo, ex preside della Scuola di affari internazionali dell’università di Pechino e attuale membro del Comitato permanente della Conferenza politica consultiva del popolo cinese, ha criticato le posizioni estremiste in politica estera – un velato attacco alla diplomazia dei “wolf warrior” di Pechino. Come riporta il South China Morning Post, egli ammonisce che troppa enfasi sulla spesa per la difesa porterà a più insicurezza. Jia ricorda che gli alti costi militari dell’Urss hanno contribuito alla sua disintegrazione.

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