Con profonda tristezza, il mondo cattolico e non solo piange la scomparsa di Papa Francesco, il primo pontefice gesuita e il primo proveniente dal continente americano.
Il suo pontificato, iniziato nel 2013, è stato segnato da una costante ricerca di riforma, inclusione e difesa degli ultimi, lasciando un’eredità di profondo impegno evangelico e sociale.
Le principali lotte del suo pontificato
La riforma della Chiesa e la lotta agli abusi Papa Francesco ha affrontato con determinazione lo scandalo degli abusi sessuali nel clero, stabilendo nuove norme per garantire trasparenza e giustizia. Ha incontrato vittime e denunciato la cultura del clericalismo che spesso copriva i crimini, spingendo per una Chiesa più umile e responsabile.
La difesa dei poveri e dei migranti “Una Chiesa povera per i poveri” è stato uno dei suoi motti.
Papa Francesco ha denunciato l’economia che uccide e le disuguaglianze globali, difendendo i diritti dei rifugiati e chiedendo accoglienza. Il suo viaggio a Lampedusa nel 2013 rimane un simbolo del suo impegno per i migranti.
L’ecologia integrale e la cura della Casa Comune Con l’enciclica “Laudato Si’”, ha lanciato un appello globale per la protezione dell’ambiente, collegando ecologia e giustizia sociale. Il suo messaggio ha influenzato non solo i cattolici ma anche movimenti ambientalisti mondiali.
Il dialogo interreligioso e la pace Papa Francesco ha promosso il dialogo con l’Islam, l’ebraismo e altre confessioni, incontrando leader come l’Imam Al-Tayyeb e firmando il Documento sulla Fratellanza Umana. Ha condannato guerre e violenze, spingendo per mediazioni in conflitti come quello in Ucraina e Medio Oriente.
L’apertura a divorziati risposati e persone LGBTQ+ Pur mantenendo la dottrina tradizionale, ha spinto per una Chiesa più misericordiosa, aprendo alla comunione per i divorziati risposati e dicendo famose parole come “Chi sono io per giudicare?” riguardo alle persone omosessuali.
Un’eredità di speranza e sfide
La morte di Papa Francesco lascia un vuoto enorme, ma anche una Chiesa trasformata dal suo coraggio nel mettere in discussione strutture di potere e privilegio. Le sue battaglie per giustizia, misericordia e fratellanza universale rimarranno un faro per il futuro.
“La pace è un artigianato, si costruisce ogni giorno” – e Papa Francesco, con il suo pontificato, ha lavorato instancabilmente per costruirla.
Nelle comunicazioni ufficiali delle scuole è preferibile non utilizzare asterischi e schwa al posto delle desinenze maschili e femminili. L’«invito» è contenuto in una circolare inviata dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, «per ribadire che nelle comunicazioni ufficiali è imprescindibile il rispetto delle regole della lingua italiana», si legge in una nota. Niente «segni grafici non conformi», dunque, il cui utilizzo, sottolinea la nota di viale Trastevere, «è in contrasto con le norme linguistiche e rischia di compromettere la chiarezza e l’uniformità della comunicazione istituzionale».
In proposito, ricorda il Ministero, la stessa Accademia della Crusca «ha più volte evidenziato che tali pratiche non sono grammaticalmente corrette e che il loro impiego, specialmente nei documenti ufficiali, ostacola la leggibilità e l’accessibilità dei testi. L’uso arbitrario di questi simboli introduce elementi di ambiguità e disomogeneità, rendendo la comunicazione meno comprensibile e meno efficace».
La circolare ministeriale, infatti, ricorda che l’Accademia della Crusca si è pronunciata il 24 settembre 2021, pubblicando sul proprio sito istituzionale un parere in cui si afferma: «L’asterisco non è […] utilizzabile, a nostro parere, in testi di legge, avvisi o comunicazioni pubbliche, dove potrebbe causare sconcerto e incomprensione in molte fasce di utenti, né, tanto meno, in testi che prevedono la lettura ad alta voce», stante in quest’ultimo caso l’impossibilità della resa fonetica. E ancora, in un parere del 9 marzo 2023, reso al Comitato Pari opportunità del Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, la Crusca afferma: «Va dunque escluso tassativamente l’asterisco al posto delle desinenze dotate di valore morfologico (“Car* amic*, tutt*quell*che riceveranno questo essaggio…”). Lo stesso vale per lo scevà o schwa…». Infine, nel parere del 10 maggio 2024, sempre con riferimento all’uso dell’asterisco e dello schwa, l’Accademia afferma «[…] che la lingua giuridica e burocratica non sia sede adatta per sperimentazioni innovative che portano alla disomogeneità e compromettono la lineare comprensione dei testi».
Anche alla luce di questi autorevoli pareri, il Ministero «invita tutte le istituzioni scolastiche a mantenere l’uso di un linguaggio corretto e accessibile, nel rispetto delle norme linguistiche vigenti».
L’iniziativa del Ministero ha ricevuto il plauso dei partiti della maggioranza. Di «ulteriore passo in avanti contro l’ideologia gender», parla Rossano Sasso, capogruppo della Lega nella Commissione Cultura della Camera e primo firmatario di una proposta di legge in tal senso. «La nostra lingua ha una storia millenaria e una struttura ben definita, che non può essere alterata da forzature ideologiche prive di fondamento normativo», sottolinea Fabio Pietrella, deputato di Fratelli d’Italia. Critica la circolare, invece, la responsabile Scuola del Pd, Irene Manzi, che invita il ministro Valditara a occuparsi «di questioni cruciali come il precariato, il recupero dei tagli, il dimensionamento scolastico».
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Costa Paradiso rappresenta un unicum nella storia del turismo italiano: nata come sogno visionario, sopravvissuta a decenni di conflitti, oggi si appresta a diventare un modello di sviluppo sostenibile.
di Pasquale Ferrara
per la rubrica “Oltre la Notizia”
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Un REFERENDUM sulla Moneta Intera rappresenterebbe una rivoluzione nel sistema monetario di Pasquale Ferrara
Perché Non Si Procede Verso la Moneta Intera?Ostacoli e Oppositori
Innanzitutto, cosa vuol dire “moneta intera”? Forse che quella che abbiamo in mano oggi è una moneta incompleta, solo parziale?
In realtà, come spiega Sergio Morandi*, economista, “il termine indica l’origine del denaro: quando a creare moneta è la sola Banca centrale di un Paese, si parla di moneta intera.
Oggi, invece, circa l’80% del denaro è creato dalle banche private, ma si tratta di denaro ‘virtuale’, slegato dalla ricchezza realmente prodotta nella società”.
Una proposta della Moneta Intera rappresenterebbe una rivoluzione nel sistema monetario, con il potenziale di ridurre il debito privato e pubblico, aumentare la trasparenza e sottrarre alle banche commerciali il potere di creare denaro dal nulla.
Ma se questa riforma è così vantaggiosa, perché non viene attuata?Chi si oppone e quali sono gli ostacoli concreti?
1.Il Potere delle Banche e del Sistema Finanziario
Il principale ostacolo è l’enorme influenza delle banche private e dell’establishment finanziario. Oggi, le banche creano denaro attraverso i prestiti, un meccanismo che garantisce loro profitti colossali (interessi su denaro che in realtà non possiedono).
Le lobby bancarie esercitano pressioni massicce su governi e istituzioni per mantenere lo status quo.
Le banche centrali, sebbene teoricamente indipendenti, spesso operano in sintonia con il sistema finanziario privato.
Passare alla Moneta Intera significherebbe togliere alle banche commerciali un privilegio enorme: la capacità di generare liquidità a costo zero. È naturale che resistano con ogni mezzo.
2.La Complessità della Transizione
Un altro ostacolo è l’adattamento del sistema economico-finanziario globale. La Moneta Intera richiederebbe:
Una riforma radicale del sistema creditizio: le banche non potrebbero più creare denaro, ma solo prestare quello già esistente (depositi o fondi della banca centrale).
Un ripensamento della politica monetaria, con la Banca Centrale come unico emettitore di moneta.
Questo cambiamento potrebbe inizialmente causare instabilità, soprattutto in un’economia globale basata sul debito.
3.Il Vincolo dell’Eurozona
L’Italia, come membro dell’Euro, non ha piena sovranità monetaria. Anche se teoricamente possibile (come sostenuto da Morandi* e Mayer**), una riforma del genere dovrebbe essere coordinata a livello europeo, altrimenti rischierebbe di creare squilibri:
La BCE potrebbe opporsi, temendo frammentazione della politica monetaria.
I Paesi del Nord Europa (Germania in primis) potrebbero bloccare la proposta, vedendola come un rischio per la stabilità finanziaria.
4.La Mancanza di Volontà Politica
Anche se tecnicamente fattibile, mancano politici disposti a sfidare il sistema.
I partiti tradizionali sono spesso legati al mondo bancario (finanziamenti, revolving doors tra politica e finanza).
Il dibattito pubblico è dominato da narrazioni che dipingono il sistema attuale come “l’unico possibile”.
5. La Narrativa Dominante: “Non Esiste Alternativa”
Il più grande ostacolo, forse, è culturale. Per decenni, il mainstream economico ha insegnato che:
“Il denaro deve essere creato dalle banche private” (anche se storicamente non è sempre stato così).
“Il debito è inevitabile” (mentre la Moneta Intera lo ridurrebbe drasticamente).
Questa narrativa è sostenuta da accademici, media e istituzioni finanziarie, rendendo difficile far passare l’idea di una riforma radicale.
Conclusione: Una Battaglia contro Poteri Forti
La Moneta Intera è tecnicamente realizzabile e porterebbe maggiore stabilità e democrazia economica.
Ma gli interessi costituiti (banche, finanza, parte della politica) hanno tutto da perdere, e finora hanno impedito che si discutesse seriamente questa alternativa.
Un referendum potrebbe aprire un vero dibattito pubblico.
Ma la strada sarà lunga e piena di resistenze. Perché, in fin dei conti, chi controlla la creazione del denaro, controlla l’economia – e chi vuole rinunciare a un potere del genere? Pasquale Ferrara
*Sergio Morandi, economista, membro del Consiglio scientifico dell’iniziativa Moneta Intera. Professore ordinario di macroeconomia ed economia monetaria all’Università di Friburgo. Direttore Principale in Banca d’Italia.
**Thomas Mayer è un economista tedesco che è stato capo economista di Deutsche Bank da gennaio 2010 a maggio 2012.
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Articolo a cura della redazione di Costa Paradiso News. Immagini: Reuters, AFP, elaborazione interna.
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Un record, e insieme un paradosso. Perché la Norvegia promette di diventare presto – forse anche entro la fine di quest’anno – il primo Paese al mondo a cancellare le automobili alimentate a carburante tradizionale dal mercato del nuovo, sostituendole con quelle elettriche. Una svolta di fatto e per scelta dei consumatori, e non per legge come ha deciso la Commissione Europea a partire dal 2035. Le vendite dei veicoli 100% a batteria, infatti, sono state l’88,9% del totale nel 2024, e hanno toccato il 96% nelle prime settimane di quest’anno. Il dato è in parte sorprendente, considerando la grande difficoltà di diffusione delle auto elettriche nel resto dell’Europa (in media circa il 15% delle immatricolazioni sul totale lo scorso anno), e i risultati ancora di nicchia in particolare di alcuni Paesi come l’Italia dove non si arriva al 5%. Ma il vero paradosso norvegese è che la nazione che da tempo è riconosciuta come la regina mondiale della mobilità sostenibile sta raggiungendo il traguardo di non commercializzare più autovetture nuove alimentate a gasolio e benzina proprio grazie alla sue forti riserve di petrolio e gas, che vende invece al resto del mondo.
La fiorente industria dei combustibili fossili ha infatti permesso di creare negli ultimi anni un fondo sovrano del valore di oltre 1.700 miliardi di dollari, consentendo al governo di offrire incentivi finanziari senza precedenti per i veicoli elettrici. La rete energetica del Paese è inoltre alimentata quasi interamente da energia idroelettrica, il che rende la mobilità sostenibile e conveniente: gli automobilisti norvegesi godono infatti di costi dell’elettricità più bassi rispetto ad altri Paesi, assicurando così che la gestione di un’auto elettrica sia più accessibile. Nel corso degli anni, il governo ha adottato diverse politiche per incoraggiare gli automobilisti a passare ai veicoli a batteria. Ad esempio imponendo forti dazi all’importazione e tasse di immatricolazione sui veicoli convenzionali. Rinunciando però a questi dazi per i veicoli elettrici, la Norvegia offre degli incentivi che altri Paesi non possono permettersi. I dazi elevati contribuiscono infatti alla diminuzione delle vendite di veicoli a combustione interna, aumentando la popolarità dei veicoli a batteria. Che, inoltre, sono esenti dall’Iva del 25% e non devono pagare le tasse di immatricolazione.
Per i residenti nella Penisola inoltre sono previsti alcuni vantaggi per le auto 100% a batteria che, ad esempio, sono esenti dal pagamento del bollo per primi 5 anni. Inoltre, per promuoverne l’acquisto, il governo ha approvato per il 2024 un Ecobonus che permetteva di ricevere bonus fino a 13.750 euro (in base al reddito del nucleo familiare) a chi avesse acquistato un veicolo elettrico rottamando un’auto da Euro 0 a Euro 2. Sono stati anche approvati dei sussidi per l’acquisto e l’installazione di stazioni di ricarica elettriche.
Non è però tutto rose e fiori. La politica di incentivi solo nel 2023 è costata allo Stato un mancato introito in tasse di quasi 19,2 miliardi di corone (1,74 miliardi di euro). Per questo da allora il ministero dei Trasporti guidato da Jon-Ivar Nygård ha innestato una parziale retromarcia. Le vetture a batteria che in Norvegia non pagavano i traghetti e i pedaggi, ora hanno uno sconto “solo” del 50%. E anche le ricariche pubbliche, prima gratis, ora sono parzialmente tariffate. È cambiato anche il regime che riguarda la deducibilità fiscale delle auto aziendali, mentre sul costo dei parcheggi – che erano gratuiti – oggi decidono le singole municipalità. Anche l’utilizzo delle corsie preferenziali, prima consentito liberamente alle auto elettriche, ora è limitato agli orari non di punta. L’esenzione totale dell’Iva al 25% sull’acquisto delle elettriche è stata revocata per le auto che costano più di 45.200 euro, e c’è una nuova tassa sul peso delle vetture di 12,5 corone per ogni chilogrammo oltre i primi 500.
Essere ecologici insomma costa parecchio. Prima solo allo Stato, ora anche ai cittadini. Ma questo non impedisce che sul territorio oggi ci siano circa 20 mila punti di ricarica, poco meno della metà dei quali ad alta potenza, che erogano tutti energia verde, merce che la Norvegia ha in abbondanza al pari del petrolio, altra specialità della casa visto che è l’undicesimo produttore al mondo. Il parziale ripensamento in materia di agevolazioni ha deluso parecchio chi ha scelto recentemente l’auto elettrica. Ma lo schema di fondo non cambia: se le vetture a “emissioni zero” sono tassate a peso per non incidere troppo sui bilanci dello Stato, quelle a combustione interna lo sono in modo direttamente proporzionale alle emissioni prodotte secondo una precisa tabella studiata ed inserita nel sistema fiscale norvegese. «Penalizziamo quello che non vogliamo, e promuoviamo quello che desideriamo, in modo che il consumatore possa fare la scelta giusta», ha spiegato Christina Bu, segretaria generale della Norsk Elbilforening, la “lobby” locale delle auto elettriche. Risultato: la Norvegia è l’unico Paese al mondo dove i veicoli di questo genere costano mediamente il 15% in meno di quelli a gasolio o a benzina, quando in Italia (dati Jato Dinamycs) hanno un prezzo di acquisto mediamente superiore del 25%. Inoltre, mentre in quasi tutti gli altri Paesi, Case automobilistiche e Stato discutono su chi debba assumersi i costi per l’ampliamento delle infrastrutture e sono soprattutto i privati a doversene occupare, il governo norvegese si è assunto la competenza per la realizzazione della rete di ricarica fondando un’azienda statale, la Enova, che assegna gli incarichi per la costruzione delle colonnine: oggi sono circa 1.500 solo a Oslo. Molte, considerando che la capitale ha meno di 700mila abitanti.
Ma la Norvegia non ha puntato solo sulle automobili. Infatti, Oslo diventerà tra poco la prima capitale al mondo con un trasporto pubblico completamente a “zero emissioni”, traguardo del maxipiano per decarbonizzare tutte le attività della città entro il 2030. Il primo passo è stato già fatto con l’elettrificazione di molti traghetti che attraversano i fiordi. E con un progetto che porterà alla sostituzione di tutti gli autobus a gasolio con 450 e-bus acquistati a un prezzo del 5% inferiore a quello degli “antenati” diesel.
Non è tutto così idilliaco, naturalmente. Le perplessità sullo smaltimento delle batterie esauste in particolare sono forti anche qui. E nessuno nega la problematicità di alcuni aspetti dell’elettrico. L’enorme diffusione della vendita dei veicoli nuovi 100% a batteria inoltre non significa che le strade ne siano invase. Alla fine del 2024, la quota del totale circolante è arrivata al 28,6%, superando quella delle auto alimentate solo a benzina. Ma le auto diesel sono ancora le più utilizzate sulle strade norvegesi (poco più di un terzo del totale). E anche se non lo saranno ancora a lungo, le società di noleggio – i principali acquirenti di auto a combustione interna in Norvegia – continuano a preferirle perché molti turisti non hanno familiarità con i veicoli elettrici.
È comunque quasi impossibile che la tendenza norvegese – favorita da fattori e situazioni particolari – trovi repliche in altri Paesi europei. Secondo Gianluca Di Loreto, partner e responsabile italiano practice Automotive & Mobility di Bain & Company, «ogni costruttore sta facendo i conti per capire se gli conviene ascoltare il cliente e continuare a proporre il termico, prendendo le multe previste sulle emissioni, oppure evitarle puntando sull’elettrico – che il cliente non vuole –, ma rimettendoci soldi lo stesso perché queste vetture si vendono in perdita…». Un rebus assoluto che resta di difficile soluzione malgrado i tempi per adeguarsi ai limiti di emissioni di CO2 siano stati appena dilazionati in tre anni dalla Commissione Europea.
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Addio a Skype: la piattaforma per le videochiamate chiude i battenti dal 5 maggio 2025, dopo 22 anni di onorato servizio: a darne conferma ufficiale Microsoft, che in un breve video ha spiegato agli utenti che chat e dati personali “migreranno” gratuitamente su Teams.
Skype è stato per anni uno dei servizi di comunicazione più popolari al mondo. Lanciato 21 anni e mezzo fa, il 29 agosto 2003, ha raggiunto il suo apice intorno al 2013 con circa 300 milioni di utenti attivi. L’arrivo di nuove piattaforme ha modificato profondamente il modo in cui le persone comunicano. App come WhatsApp e Telegram hanno reso la messaggistica più immediata, mentre Zoom (che ha ricevuto una grossa spinta dalla pandemia di COVID-19) ha guadagnato popolarità nelle videoconferenze.
Microsoft ha acquisito Skype nel 2011 per 8,5 miliardi di dollari. L’obiettivo dell’acquisizione era quello di consolidare la propria presenza nelle comunicazioni digitali. Ma già nel 2016 ha introdotto Microsoft Teams, inizialmente pensato per le aziende. La sua adozione è cresciuta rapidamente, soprattutto durante la summenzionata pandemia, quando il lavoro da remoto è diventato per molti la norma. Teams non solo ha integrato le funzionalità di Skype, ma ha offerto strumenti più avanzati per la collaborazione, come la gestione di riunioni e calendari, diventando la piattaforma preferita da remote worker di tutto il mondo e, più recentemente, anche da chi fa un uso personale della piattaforma.
Dal 2021 Microsoft ha gradualmente ridotto il supporto per Skype. Con Windows 11, l’azienda ha scelto Teams come applicazione predefinita per le comunicazioni, relegando Skype a un ruolo secondario. Nel 2023, il numero di utenti attivi giornalieri di Skype era sceso a circa 36 milioni, un dato lontanissimo dai suoi anni d’oro. Nel frattempo, Teams ha continuato a crescere fino a raggiungere una base utenti di 320 milioni!
Cosa cambia per gli utenti Skype
Se siete tra coloro che usano regolarmente Skype, cosa cambia per voi? Microsoft ha fatto sapere che gli utenti hanno tempo fino al 5 maggio 2025 per decidere come procedere. In prospettiva della deadline annunciata da Microsoft, le possibilità di scelta sono sostanzialmente due:
Passare a Teams gratuitamente: la transizione è pensata per essere il più semplice possibile. Accedendo a Teams con le credenziali Skype, gli utenti troveranno le loro chat e i contatti già sincronizzati. Inoltre, per un primo periodo di “transizione”, sarà possibile continuare a comunicare con utenti Skype direttamente da Teams.
Esportare i dati Skype: chi non vuole passare a Teams può scaricare la cronologia delle chat e i contatti prima della chiusura definitiva.
Per chi ha utilizzato Skype per le chiamate a numeri fissi o mobili, ci sono alcuni cambiamenti importanti. Le funzionalità di telefonia non saranno disponibili su Teams Free, perché Microsoft ritiene che le abitudini degli utenti siano cambiate e che la maggior parte delle persone utilizzi ormai piani dati mobili per le chiamate. Chi ha ancora credito Skype potrà usarlo tramite il tastierino numerico disponibile su Skype Web e Teams per un periodo di tempo limitato.
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Impossibile non innamorarsi della Sardegna, con le sue spiagge incontaminate, il cibo delizioso e la cultura unica. Questa isola, situata nel cuore del Mediterraneo, è un vero e proprio paradiso per chi cerca bellezza naturale, tradizioni autentiche e esperienze indimenticabili. La Sardegna è famosa per le sue spiagge mozzafiato, con acque cristalline e sabbia bianca, che attirano visitatori da tutto il mondo. Se sei un amante del mare, rimarrai affascinato da luoghi come la Costa Smeralda e la Costa Rossa, due delle destinazioni più iconiche dell’isola.
Un paradiso tra spiagge da sogno e Bandiere Blu
La Costa Rossa Sardegna, brand di promozione turistica di Trinità d’Agultu e Vignola, è un vero gioiello della costa nord-occidentale. Qui, spiagge come Isola Rossa, Marinedda e Cala Sarraina sono state riconosciute dalla FEE con la prestigiosa Bandiera Blu, un simbolo di eccellenza ambientale e sostenibilità. Queste località, situate tra Castelsardo e Santa Teresa di Gallura, rappresentano perfettamente l’unione tra bellezza paesaggistica e attenzione per l’ambiente.
Non solo mare: cultura e storia millenaria
Ma la Sardegna non è solo mare. L’isola vanta una cultura unica, frutto di una storia millenaria che ha visto il susseguirsi di diverse civiltà, dai Nuragici ai Fenici, dai Romani agli Spagnoli. Questo mix di influenze si riflette nei suoi monumenti archeologici, come le tombe dei giganti, i nuraghi e le domus de janas, ma anche nelle sue chiese medievali e nei borghi antichi, che raccontano storie di un passato affascinante.
La gastronomia sarda: un viaggio tra sapori autentici
E che dire del cibo? La gastronomia sarda è un’esperienza sensoriale che conquista chiunque. Grazie alla sua ricchezza di ingredienti tipici e alla tradizione culinaria, l’isola offre piatti che sono un vero inno alla semplicità e alla qualità.
– Carni e formaggi: La tradizione pastorale della Sardegna si riflette nei suoi piatti a base di carne, come il porceddu (maialino arrosto), l’agnello alla scottadito e la zuppa cuata.
– I formaggi sardi, come il pecorino sardo, il casu marzu, il fiore sardo e il casu axedu, sono rinomati in tutto il mondo per il loro sapore intenso e la loro tradizione artigianale.
– Pesce e frutti di mare: Circondata dal mare, la Sardegna offre una cucina marinara ricca e variegata. Piatti come gli spaghetti ai ricci di mare e la bottarga (uova di muggine essiccate) sono vere delizie per il palato.
– Legumi e cereali: La tradizione contadina dell’isola si esprime attraverso l’uso di legumi come i fagioli di Sarconi, i ceci neri di Villasor e le lenticchie di Villasalto. Tra i cereali, spicca il grano duro, utilizzato per produrre la fregola, una pasta tipica sarda che si abbina perfettamente con i frutti di mare, le verdure o il ragù di carne.
– Erbe aromatiche: La cucina sarda non potrebbe essere completa senza l’uso generoso di erbe aromatiche come menta, rosmarino, timo, basilico, prezzemolo e salvia, che donano ai piatti un sapore unico e inconfondibile.
I vini della Sardegna: un patrimonio enologico
La Sardegna è anche una terra di vini pregiati, frutto di una tradizione vitivinicola che risale a secoli fa. Tra i vitigni più rinomati spiccano il Cannonau, con le sue espressioni territoriali, il Carignano, la Monica e la Granaccia. Tra le uve a bacca bianca, il Vermentino è sicuramente il più celebre, insieme al Nasco e ad altre varietà autoctone che rendono i vini sardi unici nel loro genere.
Un’offerta turistica completa Mare, natura, ospitalità, cultura, gastronomia, arte, sport, musica e divertimento sono gli ingredienti di un’offerta turistica che seduce e coinvolge. La Sardegna è una destinazione pensata per chi cerca esperienze autentiche, lontano dalle mete più affollate e commerciali. Che tu sia in cerca di relax, avventura o scoperta culturale, l’isola saprà regalarti momenti indimenticabili.
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Incantevole Sardegna: COSTA ROSSA – spiagge, cultura, gastronomia, divertimento.
Impossibile non innamorarsi della Sardegna, con le sue spiagge incontaminate, il cibo delizioso e la cultura unica. Questa isola, situata nel cuore del Mediterraneo, è un vero e proprio paradiso per chi cerca bellezza naturale, tradizioni autentiche e esperienze indimenticabili. La Sardegna è famosa per le sue spiagge mozzafiato, con acque cristalline e sabbia bianca, che attirano visitatori da tutto il mondo. Se sei un amante del mare, rimarrai affascinato da luoghi come la Costa Smeralda e la Costa Rossa, due delle destinazioni più iconiche dell’isola.
Un paradiso tra spiagge da sogno e Bandiere Blu
La Costa Rossa Sardegna, brand di promozione turistica di Trinità d’Agultu e Vignola, è un vero gioiello della costa nord-occidentale. Qui, spiagge come Isola Rossa, Marinedda e Cala Sarraina sono state riconosciute dalla FEE con la prestigiosa Bandiera Blu, un simbolo di eccellenza ambientale e sostenibilità. Queste località, situate tra Castelsardo e Santa Teresa di Gallura, rappresentano perfettamente l’unione tra bellezza paesaggistica e attenzione per l’ambiente.
Non solo mare: cultura e storia millenaria
Ma la Sardegna non è solo mare. L’isola vanta una cultura unica, frutto di una storia millenaria che ha visto il susseguirsi di diverse civiltà, dai Nuragici ai Fenici, dai Romani agli Spagnoli. Questo mix di influenze si riflette nei suoi monumenti archeologici, come le tombe dei giganti, i nuraghi e le domus de janas, ma anche nelle sue chiese medievali e nei borghi antichi, che raccontano storie di un passato affascinante.
La gastronomia sarda: un viaggio tra sapori autentici
E che dire del cibo? La gastronomia sarda è un’esperienza sensoriale che conquista chiunque. Grazie alla sua ricchezza di ingredienti tipici e alla tradizione culinaria, l’isola offre piatti che sono un vero inno alla semplicità e alla qualità.
– Carni e formaggi: La tradizione pastorale della Sardegna si riflette nei suoi piatti a base di carne, come il porceddu (maialino arrosto), l’agnello alla scottadito e la zuppa cuata.
– I formaggi sardi, come il pecorino sardo, il casu marzu, il fiore sardo e il casu axedu, sono rinomati in tutto il mondo per il loro sapore intenso e la loro tradizione artigianale.
– Pesce e frutti di mare: Circondata dal mare, la Sardegna offre una cucina marinara ricca e variegata. Piatti come gli spaghetti ai ricci di mare e la bottarga (uova di muggine essiccate) sono vere delizie per il palato.
– Legumi e cereali: La tradizione contadina dell’isola si esprime attraverso l’uso di legumi come i fagioli di Sarconi, i ceci neri di Villasor e le lenticchie di Villasalto. Tra i cereali, spicca il grano duro, utilizzato per produrre la fregola, una pasta tipica sarda che si abbina perfettamente con i frutti di mare, le verdure o il ragù di carne.
– Erbe aromatiche: La cucina sarda non potrebbe essere completa senza l’uso generoso di erbe aromatiche come menta, rosmarino, timo, basilico, prezzemolo e salvia, che donano ai piatti un sapore unico e inconfondibile.
I vini della Sardegna:un patrimonio enologico
La Sardegna è anche una terra di vini pregiati, frutto di una tradizione vitivinicola che risale a secoli fa. Tra i vitigni più rinomati spiccano il Cannonau, con le sue espressioni territoriali, il Carignano, la Monica e la Granaccia. Tra le uve a bacca bianca, il Vermentino è sicuramente il più celebre, insieme al Nasco e ad altre varietà autoctone che rendono i vini sardi unici nel loro genere.
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Pellegrinaggio diocesano a Tergu: il ruolo centrale del Vescovo Roberto Fornaciari e del parroco Giampaolo Pais
di Pasquale Ferrara Il Vescovo Roberto Fornaciari: guida, teologo e testimone di speranza
Il vescovo Roberto Fornaciari, alla guida della diocesi di Tempio-Ampurias dal 2023, ha impresso al pellegrinaggio diocesano un tono di profonda spiritualità e di rinnovata speranza. Con la sua formazione monastica e accademica – esperto di storia e spiritualità monastica, docente universitario e già priore del monastero di Camaldoli – Fornaciari ha portato una visione ampia e profonda del significato del pellegrinaggio come segno concreto della speranza cristiana.
Durante la celebrazione della Santa Messa, il vescovo ha saputo interpretare e trasmettere il senso più autentico del Giubileo della Speranza, sottolineando il valore della giornata giubilare e la possibilità di ottenere l’indulgenza plenaria per tutti i partecipanti.
Nell’omelia, Fornaciari ha richiamato la missione della Chiesa di “cantare e suonare il paradiso al mondo d’oggi”, invitando i fedeli a vivere il pellegrinaggio come tempo di riconciliazione e misericordia, in sintonia con il messaggio di papa Francesco per l’Anno Santo 2025: “La speranza è anche il messaggio centrale del prossimo Giubileo”.
Il vescovo Fornaciari si è distinto per il suo stile pastorale improntato all’ascolto, al servizio e alla costruzione dell’unità del popolo di Dio, incarnando i valori della tradizione monastica camaldolese e offrendo alla diocesi una guida competente, sensibile e profondamente spirituale. La sua presenza accanto ai pellegrini, la vicinanza ai sacerdoti e la capacità di dialogo hanno rafforzato il senso di comunità e la percezione di una Chiesa in cammino, capace di accogliere e accompagnare ogni fedele nel percorso di fede.
Un pellegrinaggio segnato dalla comunione e dalla speranza La figura del parroco Giampaolo Pais
Il parroco Giampaolo Pais si è distinto come autentico punto di riferimento spirituale e organizzativo per la comunità di Tergu e per tutti i pellegrini accorsi al Santuario. Con il suo stile accogliente e la sua capacità di coinvolgere i fedeli, Pais ha saputo trasmettere un senso di appartenenza e di calore umano, accogliendo personalmente i pellegrini e guidando con dedizione i momenti di preghiera e preparazione al grande evento. La sua presenza discreta ma incisiva ha contribuito a creare un clima di festa e di raccoglimento, rendendo il pellegrinaggio non solo un evento liturgico, ma anche un’esperienza di autentica comunione ecclesiale.
Giampaolo Pais, con la sua attenzione ai dettagli e alla cura pastorale, ha valorizzato la tradizione del pellegrinaggio, sottolineando l’importanza di “mettersi in cammino” come gesto di fede viva e concreta. La sua guida ha permesso ai partecipanti di sentirsi parte di una storia secolare, dove la fede si rinnova attraverso la partecipazione attiva e la preghiera condivisa.
La collaborazione tra il parroco Giampaolo Pais e il vescovo Roberto Fornaciari ha reso il pellegrinaggio diocesano a Tergu un evento di grande intensità spirituale e partecipazione popolare. Insieme, hanno saputo valorizzare la tradizione, animare la fede e offrire ai cinquecento pellegrini un’esperienza di Chiesa viva, accogliente e proiettata verso il futuro, nel segno della speranza e della misericordia.
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Andrea Moccia e Geopop:Quando la Scienza Diventa Virale
Dalla Geologia ai Social Media: La Storia di un Visionario
di Pasquale Ferrara
Andrea Moccia, napoletano doc ma cittadino del mondo, ha trasformato la sua formazione da geologo in una missione: portare la scienza nelle case (e negli smartphone) di milioni di persone.
Dopo sette anni di ricerca in Francia e un’esperienza in Snam, ha lasciato un lavoro stabile per lanciare Geopop nel 2018, inizialmente come esperimento su Facebook. Oggi, la sua creatura è una startup di successo nel portfolio di Ciaopeople, con una redazione di 24 persone e numeri da capogiro:
13+ milioni di follower tra Instagram, TikTok, YouTube e Facebook
7 milioni di visualizzazioni mensili sul sito
Oltre 1 miliardo di views cumulativi sui social
La Formula Segreta: Rigore Scientifico + Linguaggio Pop
Geopop non è la solita pagina di divulgazione. Qui, terremoti, cambiamenti climatici e scoperte spaziali vengono spiegati con emoji, meme e un tono frizzante, senza perdere accuratezza. Esempi di successo?
Video virali come “Perché l’Italia trema?” (5M di views)
Collaborazioni con ESA, NASA e istituzioni scientifiche
Serie tematiche su TikTok che smontano fake news in 60 secondi
La Sfida: Combattere l’Ignoranza con la Condivisione
“In Italia, la scienza è spesso elitista. Noi la rendiamo pane per i denti di tutti”, dice Moccia. Una filosofia che paga: il 70% del pubblico ha meno di 35 anni, segno che la strategia “pop” funziona.
Espansione in Europa e USA con contenuti in inglese
Podcast e format TV in collaborazione con Mediaset e Rai
Una app per corsi di scienza interattivi
Una Scommessa (Vinta) sulla Cultura Scientifica
La scelta di Moccia di puntare sulla divulgazione “pop” ha rivoluzionato il settore in Italia, dimostrando che la scienza può essere virale, trendy e al tempo stesso affidabile. Con sede a Milano, Geopop è ormai un punto di riferimento per chi vuole capire il mondo con curiosità e spirito critico, confermando che la cultura, se ben comunicata, può diventare uno stile di vita.
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